Covid-19. La nostra vita è cambiata, cosa proviamo?

I provvedimenti

L’emergenza Corona-virus ha comportato una presa di misure progressivamente più stringenti che sono culminate con il Dpcm 11 marzo (con validità fino al 25 marzo): è stata decisa la sospensione in tutta Italia delle attività e servizi commerciali, con le eccezioni che già conosciamo (restano aperti alimentari, benzinai, edicole, tabacchi, farmacie e i servizi commerciali che vendono generi di prima necessità, così come le aziende ma “con misure di sicurezza”).

Si ribadisce il decreto del 9 marzo denominato #iorestoacasa che limita notevolmente lo spostamento delle persone, ne vieta l’assembramento, stabilisce il blocco delle attività di palestre, centri sportivi e ricreativi, le manifestazioni sportive, così come la sospensione dell’attività didattica nelle scuole e nelle università fino al 3 aprile.

C’è da aggiungere, poi, che in alcune zone d’Italia le restrizioni erano partite già nel corso delle settimane precedenti: ad esempio in Lombardia tutto è iniziato il 21 febbraio, con la diffusione delle notizie circa il primo caso noto di contagio – cui è immediatamente seguita l’istituzione della zona rossa il 22 febbraio – e poi a partire dal 24 la disposizione di chiusura delle scuole e l’avvio dello smart working laddove possibile.

Tutti, quindi, dallo scorso 11 marzo ci troviamo a vivere una quotidianità completamente stravolta, privata dei principali riferimenti anche temporali: le giornate non sono più scandite dalla consueta routine – la sveglia per andare al lavoro, accompagnare i figli a scuola, l’allenamento in palestra a fine giornata o un aperitivo con gli amici – senza più distinzione tra i giorni feriali e i week-end, senza più impegni a dare movimento alle nostre esistenze.

Quali sono gli effetti sul nostro benessere?

Ci troviamo ad affrontare una situazione mai vissuta prima, che non può non avere risvolti psicologici significativi sotto molteplici aspetti.

Può emergere inizialmente un senso di spaesamento, con fatica a rendersi conto della situazione.

Ci si trova a vivere in una dimensione del tutto nuova: a livello lavorativo molti sono fermi, altri si sono convertiti alla modalità smart working, una parte continua la propria attività, con l’adozione delle misure di sicurezza a disposizione. 

In tutti e tre i casi si vive uno stravolgimento della propria vita, con la possibilità di esperire emozioni negative: ci può essere ansia per aspetti economici e per la sospensione imposta, oppure disagio nella nuova condizione di lavoro da casa, che può essere percepita come soluzione “poco comoda” per difficoltà organizzative o scarsa dimestichezza, o infine preoccupazione per la salute propria o dei propri cari in caso si continui a recarsi al lavoro.

Perché questa situazione può metterci in scacco? La dimensione della temporalità

In una riflessione sulla situazione attuale un aspetto particolarmente significativo ha a che fare con la temporalità: come afferma il filosofo esistenzialista Martin Heidegger, l’uomo è un progetto-gettato: è nel mondo presso le cose e in relazione con le persone (gettatezza) ma è sempre anche oltre di sé, in-vista-di questo o quel progetto. 

La condizione che ci si trova a vivere con questa quarantena forzata e l’interruzione delle consuete attività comporta qualcosa di molto peculiare: i propri progetti – professionali, affettivi – non sono venuti meno, sono ancora lì ma necessariamente in stand-by – come congelati – e ciò che crea inquietudine è non sapere fino a quando si protrarrà questa situazione.

Accanto a questo, nella quotidianità possono venire meno i punti su cui si mantiene il senso di stabilità personale: c’è chi si identifica fortemente con il lavoro e si sente pienamente realizzato con il raggiungimento di obiettivi a livello professionale, chi invece ha bisogno di praticare sport e si sente bene nel momento in cui si riconosce nella fatica e nella stanchezza al termine dell’allenamento, o ancora chi conclude la giornata con un momento di distensione e di condivisione con gli amici. 

Tutto questo è alterato da giorni, settimane; emozioni negative quali disagio, senso di abbattimento, nervosismo, agitazione, insofferenza, preoccupazione sono più che comprensibili. A tali vissuti può accompagnarsi la fatica a riconoscersi in questa nuova dimensione: il sentirsi sempre se stessi è intimamente connesso al nostro essere progettati, così nel momento in cui vengono meno i progetti per noi più autentici, o rimangono solo quelli non identitari (o ininfluenti per il mantenimento del senso di stabilità), l’individuo subisce una battuta d’arresto nella sua esistenza.  

Nella circostanza attuale si ha una vera e propria riduzione di mondo: ci si è trovati in modo improvviso a trascorrere gran parte – se non la totalità – della giornata in casa, con poca o nessuna possibilità di “evasione”. In risposta si possono avere reazioni opposte: sicuramente una prima e più immediata sensazione che si avverte è una preclusione di possibilità, fino a poco prima percorribili; congruentemente, si possono esperire stati emotivi negativi di tristezza, apatia, ansia.

Si tratta a tutti gli effetti di una chiusura esistenziale e un ritiro che sono necessariamente imposti e caratterizzati dall’abbandono di gran parte delle occupazioni ed attività; anche i progetti, come detto precedentemente, non sono per il momento realizzabili – a ciò si accompagna un senso di abbattimento, urgenza, inquietudine, talvolta anche panico.

Ci si trova a far fronte a una riduzione di possibilità, che co-occorre a un allontanamento dal mondo e conduce a un ripiegamento su se stessi. Lo slancio vitale, di cui parla Minkowski (1933), si affievolisce. 

Un altro sentimento che può farsi largo proprio a partire da questo ritiro dal mondo è la noia, che si manifesta con un’alterazione dell’esperienza del tempo e dello spazio. “La noia è il sentimento che non c’è alcun sentimento, […] ha in sé la possibilità di tutti i sentimenti: nella nebulosa della noia fluttuano le situazioni emotive più diverse e discordanti” (Borgna, 1992). Le cose si svuotano di senso, si immobilizzano; l’autore accenna alla metafora del deserto, per sottolineare come nella noia vi sia uno spazio infinito, che perde significato, si omogeneizza e si inaridisce. Si altera il modo stesso di vivere il tempo: regna il vuoto, accade una divergenza tra tempo vissuto e tempo scandito dalle lancette di un orologio, tra tempo autentico e tempo inautentico. “Non ci sono progetti e non ci sono attese in questo tempo che striscia lentamente e faticosamente e che non è se non una successione monotona e scontata di ore che passano senza lasciare traccia nella interiorità […] Un tempo senza storia e senza identità personale” (Borgna, 1992), in cui viene intaccata l’ipseità della persona. Minkowski (1933) coglie come la noia sia oscura e pesi su di noi, annegando l’orizzonte della vita in una tenebra senza speranza. “Il tempo scandisce le attività del vivere altrui, ma sfugge ad un soggetto incapace perfino di riconoscervisi immerso” (Corbelli, & Piazzalunga, 2007).

Cosa possiamo fare? Le risorse da mettere in campo

Seppur nella consapevolezza della criticità della situazione, il momento particolare che ci stiamo trovando a vivere può anche rappresentare – o perlomeno ci si deve sforzare affinché lo sia – un’apertura di possibilità. Si può cogliere l’occasione di dedicare più tempo a passioni, hobby, alla propria famiglia, a tutte quelle possibilità che non si manifestano nella routine quotidiana, quando si è presi dalla frenesia consueta.

Per poter affrontare il periodo che ci attende si rende necessario – al fine di preservare il benessere psicologico – riorganizzare la propria esistenza e fare il possibile per affrontare questa situazione.

Ciò che contraddistingue le persone non annoiate è proprio un’esistenza ricca, l’esperienza di una temporalità autentica (Binswanger, 1957), un insieme di possibilità che si appalesano alla persona e la fanno sentire in questo o quel modo. 

Insomma, la nostra esistenza in un momento così difficile non deve perdere lo slancio verso il futuro e il suo aver-da-essere; è importante non arrendersi ad un presente vuoto, ma viverlo con intensità, dandogli un senso nuovo. In queste giornate che scorrono con lentezza può essere utile individuare qualcosa che ci faccia sentire vivi e che possa rappresentare per noi un progetto, anche piccolo: migliorare la conoscenza di una lingua straniera attraverso la lettura di libri o l’ascolto di serie tv; oppure cimentarsi con una propria passione ad esempio la cucina, sperimentando novità; o ancora dedicarsi alla propria casa, facendo lavori o sistemazioni che non si ha il tempo di fare nella frenesia della vita “normale”. A volte è anche necessario rilassarci e concederci un po’ di sano ozio, riconoscendo che abbiamo molto meno da fare e non dobbiamo sentirci “non a posto con noi stessi” o in colpa per questo. 

In qualunque modo si scelga di trascorrere il tempo, è fondamentale riuscire a prendersi dei momenti all’interno della giornata che ci facciano stare bene e ci diano soddisfazione, permettendoci di trovare conforto e rigenerarci dalle ansie e preoccupazioni che comprensibilmente posso assalirci, quando entriamo in contatto con la situazione e veniamo inevitabilmente toccati dalle notizie. 

Bibliografia:

Binswanger, L. (1957). La Schizophrenia. Milano: Fabbri editori, 2008

Borgna, E. (1992). Malinconia. Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2011. 

Corbelli, L., & Piazzalunga, F. (2007). Dal tempo vissuto al tempo subìto. Un’analisi psicopatologica della dimensione melanconica. Giornale Italiano di Psicopatologia, 13, 62-68. 

Heidegger, M. (1927). Essere e tempo. Milano: Mondadori editore, 2011.

Minkowski E. (1933), Il tempo vissuto. Fenomenologia e Psicopatologia. Torino: Einaudi, 2004.