Depressione

I disturbi depressivi si caratterizzano per la presenza di umore depresso, ridotto interesse e piacere nel portare avanti le attività della vita quotidiana, alterazione del peso e/o dell’appetito e del sonno, mancanza di energia, agitazione o rallentamento psicomotorio, senso di colpa, ridotta concentrazione, pensieri suicidari (DSM-5, APA, 2013).
Molti degli aspetti centrali della depressione possono essere compresi solo alla luce dell’esperienza delle persone depresse. Infatti, nella depressione nulla ha più significato, il mondo appare grigio e indifferente e l’individuo ha la sensazione che non vi sia alcuna possibilità d’azione per cambiare la situazione; questo permette di dare senso alla profonda tristezza e all’apatia, all’immobilità e alla mancanza di iniziativa caratteristici delle persone con sintomi depressivi. Tali vissuti possono conseguire a determinati momenti di vita, che destabilizzano e comportano il venir meno del senso di stabilità personale (può essere messo in discussione chi sono, chi voglio essere), come un licenziamento, la fine di una relazione significativa, la perdita di una persona cara, il crollo di un importante progetto di vita.
A volte, la sofferenza non viene riconfigurata (letta, spiegata) alla luce di specifici motivi individuali e storici, ma viene considerata come un qualcosa che accade indipendentemente dall’esperienza vissuta. Obiettivo di un percorso psicoterapeutico può essere proprio aiutare il paziente a comprendere il senso della sua sofferenza all’interno della storia di vita.

Ansia

Questi disturbi condividono le caratteristiche di ansia e paura. I sintomi che vengono sperimentati variano da tensione muscolare e vigilanza a una intensa attivazione del sistema nervoso centrale, con sudorazione, battito cardiaco accelerato, tremori, etc.
A volte in risposta a tali sensazioni sono messi in atto comportamenti di evitamento.
Molti disturbi d’ansia insorgono nell’infanzia e persistono fino all’età adulta se non vengono trattati.
Chi soffre di questo tipo di problematica ha la tendenza a vivere le esperienze emotive e ad avvertire i propri segnali corporei con grande intensità. È molto comune sentire fortemente la visceralità ma non riuscire a riconoscere quello che si prova alla luce della situazione esistenziale che si sta vivendo.
L’obiettivo di un lavoro terapeutico è proprio aiutare nella comprensione dei motivi alla base della sintomatologia che si sperimenta.

Tra i disturbi d’ansia rientrano:

  • Disturbo d’ansia di separazione: si caratterizza per la paura o il disagio in situazioni in cui si sperimenta o si prevede la separazione da casa o dalle figure di riferimento. È comune la paura o la riluttanza a stare soli o dormire fuori casa, senza le figure di attaccamento. Tale disagio può accompagnarsi a sintomi fisici (mal di testa, di stomaco, vomito).
    Nei bambini possono essere presenti tristezza, difficoltà a concentrarsi, irrequietezza, quando sono lontani da casa.
  • La fobia specifica: si caratterizza per paura o ansia intense verso un oggetto o situazione specifiche (ad esempio animali, altezza, acqua, sangue, iniezioni). Per essere ritenuto un disturbo, secondo il manuale diagnostico di riferimento (DSM-5, APA, 2013), tale paura o ansia sono eccessive rispetto al pericolo rappresentato; inoltre, la situazione o l’oggetto vengono evitate oppure sopportate con grandissimo disagio
  • Disturbo d’ansia generalizzato: si caratterizza per uno stato persistente di preoccupazione per numerosi eventi e situazioni – eccessivo in intensità, durata o frequenza rispetto alle reali circostanze e alle normali preoccupazioni. L’ansia può manifestarsi con sintomi fisici, quali senso di irrequietezza, facile faticabilità, irritabilità, problemi del sonno, tensione muscolare e sintomi somatici (sudorazione, nausea, diarrea, vomito, nodo alla gola, etc.). Tali sensazioni si accompagnano a uno stato continuo di allarme rispetto alla possibilità che si verifichino eventi catastrofici futuri a sé e ai propri familiari; ciò influisce sulla vita quotidiana, compromettendola nell’ambito lavorativo e affettivo-familiare
  • Disturbo d’ansia sociale: in questo caso la paura o l’ansia sono provate in situazioni in cui ci si sente esposti al possibile giudizio altrui. Si manifesta quando si devono compiere azioni davanti agli altri e si teme di comportarsi in modo imbarazzante: esempi emblematici possono essere parlare in pubblico, sostenere un esame o un’interrogazione, ma anche mangiare, bere, fare telefonate, entrare in una stanza, oppure firmare quando ci sono altre persone che osservano. Tali situazioni vengono temute e/o evitate per paura di mostrare segni di imbarazzo, quali arrossire, tremare, sudare. 

Attacchi di panico

Vengono definiti come improvvisa paura o disagio intensi accompagnati da sintomi quali tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, paura di perdere il controllo, di impazzire, di morire.
A un attacco di panico segue frequentemente la preoccupazione per l’insorgere di altri attacchi e la modificazione del proprio comportamento, ad esempio l’evitamento di attività o luoghi per timore di avere altri attacchi di panico.
Si instaura in questo modo la paura della paura, che si innsesca quando non si teme più soltanto la situazione in cui ho avuto paura la prima volta ma si inizia ad avere paura di provare paura e di esperire un attacco di panico. Il ripetersi di più attacchi di panico non attesi, cioè che si presentano in situazioni inaspettate, si instaura un disturbo di panico. Per questo è importante intervenire tempestivamente, prima che si stabilisca un circolo che poi risulta difficile interrompere.
Un aiuto psicologico consente di collocare l’insorgere degli attacchi nella cornice più ampia del momento esistenziale che si sta vivendo, attraverso una contestualizzazione della situazione in cui si verificano (dove sono avvenuti, cosa si stava facendo, cosa è successo prima e dopo, …). In questo modo è possibile comprendere il senso del loro manifestarsi e assumersi la responsabilità di cambiare per stare meglio.

Disturbi del comportamento alimentare

I differenti disturbi, tra cui anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge eating (abbuffate), hanno in comune un rapporto alterato con il cibo e una particolare relazione con il proprio corpo e con l’altro.
L’anoressia nervosa si caratterizza per il rifiuto del cibo e la conseguente perdita di peso. La costante sensazione di essere affamati può rappresentare una modalità per sentirsi e per riacquisire un senso di sé in particolari situazioni, come ad esempio dopo un giudizio negativo. Inoltre, la continuità della sensazione della fame permette di sentirsi capaci, potenti, in confronto a tante altre persone che invece non hanno la medesima forza di volontà. Anche l’attività fisica assume la funzione, da un lato, di modellare l’esteriorità, dall’altro di sentire il proprio corpo.
La bulimia nervosa consiste nel ricorrere ad abbuffate, ovvero assumere eccessive quantità di cibo in un determinato periodo di tempo, in cui la persona ha la sensazione di perdere il controllo. Le abbuffate possono essere seguite da comportamenti volti a compensare l’aumento di peso, come vomito, uso di lassativi, digiuno o intensa attività fisica.
Obiettivo di un percorso psicoterapico dev’essere aiutare il paziente a comprendere il senso dell’utilizzo del cibo: in alcuni casi, l’assunzione di grandi quantità di cibo assolve una funzione ansiolitica, per “mettere a tacere” emozioni negative (in modo analogo all’alcol), in altri casi, ha una funzione attivante, che garantisce di sentirsi nuovamente dopo un’esperienza negativa di sé.
Il binge eating si differenzia dalla bulimia per l’assenza di comportamenti di compensazione, con conseguente aumento di peso.

Ossessioni e compulsioni

Le ossessioni vengono definite secondo il manuale diagnostico di riferimento (DSM, 2013) come pensieri, impulsi o immagini mentali, percepiti come sgradevoli o intrusivi dalla persona che li sperimenta. Il contenuto può essere diverso da persona a persona, seppur vi siano alcune tematiche che ricorrono più frequentemente: il timore di contaminazione, di danno, l’ossessione di pulizia, di controllo, oppure pensieri di natura sessuale. Le emozioni associate sono tipicamente paura, disgusto, senso di colpa.
Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi o azioni mentali che possono essere messi in atto in risposta alle ossessioni, al fine di alleviare momentaneamente le emozioni negative che si provano. Esempi di compulsioni sono compiere ripetutamente gli stessi gesti, lavarsi le mani, contare o ripetere parole o frasi. Tali comportamenti, nati per eliminare le ossessioni, finiscono per incrementare il disagio, comportando un dispendio di tempo ed energie considerevole. La ripetizione di questii gesti ha l’obiettivo di placare il senso di “incompletezza” o inquietudine al fine di raggiungere un senso di “completezza”, di “giusto”.
Nella normalità accade che vengano messi in atto rituali prima di eventi di maggiore importanza (ad esempio prima di un esame o di un colloquio di lavoro), per far fronte al senso di incertezza e ricercare sicurezza; quando però tale incertezza diventa pervasiva e invalidante e impedisce ogni movimento nell’esistenza allora è opportuno cercare un aiuto da un professionista.

Disturbi da sintomi somatici

Tale categoria di disturbi, nuova nel DSM-5, fa riferimento alla presenza di sintomi somatici (gastrointestinali, mal di testa, vertigini, dolori muscolari, etc.), accompagnati da pensieri, sentimenti o comportamenti eccessivi correlati ai sintomi oppure da preoccupazioni sproporzionate relative alla salute.
È presente una tendenza a focalizzare l’attenzione sui sintomi somatici; tale centratura sul corpo può portare anche ad attribuire le normali sensazioni fisiche che si provano nella quotidianità a una malattia organica. Vengono, dunque, attuati una serie di comportamenti, tra cui controllo del corpo in cerca di segnali di malattia, ricerca di aiuto e rassicurazione da parte dei medici.
È tipico di persone che hanno questo tipo di sofferenza consultare con maggiore frequenza specialisti medici (medici di Medicina generale, internisti, gastroenterologi, neurologi) rispetto a servizi di aiuto psicologico o psichiatrico. I ripetuti accessi a cure mediche e la sottoposizione ad esami diagnostici con esiti negativi non portano, tuttavia, ad una rassicurazione.